Nell’ottica di una rivisitazione grafologica di alcuni personaggi storici, facciamo seguito al n. 14 in cui era apparso un articolo a firma Sonia IannelIi che esaminava le grafie dei Padri della Repubblica. Può essere interessante ora interrogare la scrittura del grande Padre del nostro Risorgimento e costruttore del Regno d’Italia, Camillo Benso Conte di Cavour - sempre con l’intento di verificare se l’indagine grafologica confermI o magari completI quanto la storiografia ci trasmette su di lui. Il documento su cui si basiamo, gentilmente fornito dall’Associazione Amici della Fondazione Cavour, è una lettera al marchese d’Azeglio dell’Ottobre/Novembre 1850, con la quale egli accetta il suo primo incarico di ministro.
La grafia colpisce innanzitutto per gli elevati valori contemporaneamente di Armonia (sobrietà, ordine, semplicità, omogeneità…) e di FMV (intensità nella misura, ritmo di forma personalizzato sfrondando via ogni ricercatezza ma non sacrificando la limpida comprensibilità razionale, movimento di prudente ed incisiva conquista, spazio di ampio respiro gestito con sicurezza scrupolosa): il forte temperamento e la grande energia vitale sono finalizzati ad un obiettivo di sociale costruttività, di inserimento in una compagine politica regolata. La realizzazione di sé passa attraverso la realizzazione di un dovere, impegnativo e severo, di comune utilità.
La scrittura è piccola, semplificata, sobria, ariosa, piuttosto ascendente, inclinata senza rigidezze, raggruppata. Puntini della i ed accenti sono spesso progressivamente lanciati più a destra, mentre le finali altrettanto spesso ritornano centripete ad inserire ulteriore pausa di riflessione fra una parola e l’altra. Lo spazio dell’interlinea, molto ampio, e quello che separa la firma dal testo parlano ulteriormente di controllo razionale, di lucidità della riflessione.
Anche la firma così omogenea, semplice, leggermente più piccola del testo - in un periodo storico in cui paraffi, sottolineature e gesti ornati erano particolarmente comuni - confermano che la persona non ha bisogno di amplificazioni, non si rappresenta. E’ infatti la grafia di un intellettuale, che prima vuole capire - con gli strumenti dell’analisi e della sintesi intelligentemente alternati - e poi far seguire un’azione adeguata, consequenziale e mai avventata. I principi di misura e di moderazione del liberalismo che sono un tutt’uno con la personalità dello Statista sono particolarmente evidenti nella grafia di Cavour: in nessun Genere grafico si può riscontrare alcunché di eccessivo, tutto è controllato ma senza esagerazioni neppure in rigidezza.
La progressività (e sappiamo delle audaci riforme di Cavour non solo in campo politico) è sicura e proprio per questo capace di tempi di attesa e di riconsiderazione dei problemi. Anche l’equilibrio delle tre zone del grafismo è particolarmente raro e significativo: la tensione verso le cose più alte, la capacità di vedere da quelle vette panorami più vasti ed ulteriori, si coniuga con un realismo nel quotidiano ed una capacità di radicamento che rendono il tutto non velleitario.
L’immagine di Cavour come tessitore diplomatico emerge non - come forse si poteva immaginare - da sinuosità nella tenuta delle righe (alquanto stabile sia pure con una certa souplesse), ma dalle finali centripete (cautela) e soprattutto dall’accorta gestione dello spazio - e quindi del tempo: il bianco è vivo e padroneggiato insieme, in esso circolano apporti razionali di vasto respiro.
Ma l’ascensione delle righe - anch’essa misurata, ma significativa - può farci intuire tutto l’entusiasmo idealistico che in questo caso si sposa con la moderazione di fondo: la vita è in fondo una salita da proseguirsi con passo costante ed implacabile certezza della meta.